Interviste

Jazz ad Atene: Intervista esclusiva a Paolo Fresu

Il poliedrico Paolo Fresu è uno dei trombettisti e compositori più influenti della scena jazz contemporanea. Nato in Sardegna, l’isola della musica e delle tradizioni, Fresu si è distinto per la sua eclettica creatività e la sua tecnica straordinaria.

A 11 anni ha iniziato gli studi musicali nella sua città natale, presso l’Accademia Musicale Bernardo De Muro. Ha scoperto il jazz nel 1980 e nel 1982 ha registrato il suo primo album per la RAI, sotto la direzione di Bruno Tommaso. Nel 1984 si è diplomato in tromba presso il conservatorio di Cagliari e ha proseguito gli studi presso il dipartimento di musica dell’Università di Bologna.

Con una costante presenza nel mondo della musica per oltre tre decenni, Fresu ha guadagnato il riconoscimento e il rispetto, sia del pubblico che dei suoi colleghi, vincendo numerosi e prestigiosi premi a livello europeo, tra cui il premio come Miglior Artista Jazz Europeo (“Django d’Or”).

Trae ispirazione dalla musica del mondo e da grandi trombettisti come Chet Baker e Miles Davis. Ha collaborato con numerosi musicisti di diversi generi, tra cui: Omar Sosa, Galliano, Dhafer Youssef, Ornella Vanoni e molti altri, creando una ricca varietà musicale che riflette la vastita’ della sua creatività.

Artista instancabile e creativo, ha registrato oltre 400 album con diverse etichette discografiche di tutto il mondo, sia come compositore che come strumentista, oltre ad aver ricoperto vari altri ruoli. Per molti anni è stato responsabile del festival “Time in jazz” a Berchidda, oltre a essere stato coordinatore di progetti con attori, ballerini, pittori, scultori, poeti e ad aver composto musica per teatro e cinema.

Nel 2010 ha fondato la propria etichetta discografica, la Tŭk Music, e attualmente è attivo con una vasta gamma di opere, tenendo centinaia di concerti ogni anno in tutto il mondo.

Paolo Fresu, insieme al Devil Quartet, porta il suo suono unico ad Atene per una performance dal vivo nell’ambito del 23° Athens Jazz 2024. In attesa del concerto, ha gentilmente concesso un’intervista al Comites – Grecia, svelando pensieri sulla musica e le sue aspettative per il prossimo concerto ad Atene il 30 maggio 2024.

Paolo Fresu Devil Quartet:
Paolo Fresu tromba, flicorno, effetti   Bebo Ferra chitarra
Paolino Dalla Porta contrabbasso   Stefano Bagnoli batteria


 

©Roberto Cifarelli

Come si sente riguardo alla sua prossima esibizione ad Atene il 30 maggio, nell’ambito dell’Athens Jazz Festival? Può parlarci di cosa lo ispira di più quando si esibisce in una nuova città o in un nuovo festival?

Sono felice di venire ad Atene che è una città che amo e che ho frequentato in passato per concerti miei, e per la collaborazione con il pianista e compositor Vangelis Katzoulis.
E’ sempre ispirante conoscere una nuova città grazie all’arte, e tale ispirazione si traduce in una maniera nuova di affrontare la musica e di raccontarla sul palcoscenico. Sono certo che questo accadrà anche ad Atene.

Considerando che il pubblico greco e italiano hanno similitudini nella cultura e nel patrimonio, come percepisce la dinamica di scambio tra lei e il pubblico durante le esibizioni dal vivo?

I greci dicono “una razza, una faccia”…e non è casuale. La prima volta che sono venuto ad Atene molti anni fa (credo fosse il maggio del 2007) rimasi profondamente colpito dai colori e dagli odori di una terra che sembrava essere la mia, la Sardegna.
Lo scambio è fondamentale e necessario. Altrimenti cade il presupposto del fare musica. Uno scambio fondamentale in un Mediterraneo che da sempre è stato teatro di commerci e navigazioni e che ha arricchito e fatto crescere la cultura dell’uomo.

Qual è la sua principale fonte di ispirazione? Ci sono artisti specifici o generi musicali che l’hanno influenzata particolarmente?

Ovviamente sono stato influenzato da alcuni maestri della tromba come Chet Baker o Miles Davis ma ho anche ascoltato tantissimi altri e tutti gli strumenti. Di fatto ogni giorno c’è una ispirazione nuova e inaspettata. Può essere l’ascolto di qualcuno ma può essere una storia vissuta o una specifica qualità della luce. Diciamo che noi artisti siamo privilegiati. Perché abbiamo modo, attraverso l’arte, di vedere il mondo con altri occhi e di sentirlo con altre orecchie. A volte di sentirlo con gli occhi e vederlo con le orecchie.

Come vede il ruolo del jazz nella scena musicale contemporanea?

La scena contemporanea è viva e interessante. Ci sono tanti giovani che, rispetto alla mia generazione, suonano benissimo e con maturità. Gli strumenti del tempo presente offrono molte opportunità di apprendimento e i giovani sono molto preparati. Il jazz si è evoluto ed è cambiato pur mantenendo intatta la sua filosofia. Diciamo che è una vera musica contemporanea nel momento in cui è sempre in grado di fotografare un presente che si muove e si evolve.
E’ in questo che, a mio avviso, si cela l’importanza di questa musica.

La musica fa bene all’anima. Abbatte i muri e tende la mano.

 

Come interpreta il rapporto tra la musica e la dimensione metafisica dell’esistenza umana? Crede che la musica abbia il potere di connettere l’ascoltatore con il mondo spirituale o di influenzare l’atmosfera e l’energia di uno spazio?

La musica ha il potere di aprire porte che sono chiuse. Ognuno trova nella musica quello che desidera e quello che cerca. La parte spirituale è forse la più importante perché la musica aiuta a trovare una relazione con noi stessi ancora prima che con gli altri. La XXXVII edizione del mio festival Time in Jazz ha questo anno come titolo A LOVE SUPREME prendendo spunto dal disco di John Coltrane di sessanta anni fa…
Ecco ciò che può fare il linguaggio dei suoni. A noi coglierne le potenzialità e percepirne l’essenza.

Essendo un musicista “cosmopolita”, come ha influenzato la sua provenienza dalla Sardegna la sua musica?

Me lo chiedono in molti. Io “sono come suono” e non potrebbe essere diverso. Indipendentemente dai miei ascolti che si possono rifare alla musica tradizione dell’isola è piuttosto un certo attaccamento alla terra e l’avere fatto miei i valori della famiglia ad avere forgiato e arricchito la mia personalità e il mio carattere che è di certo introverso. Nella mia musica tutto ciò appare.

Qual è il messaggio che vorrebbe trasmettere agli italiani residenti in Grecia?

La musica fa bene all’anima. Abbatte i muri e tende la mano. In questo momento così difficile l’augurio che farei e il messaggio che trasmetterei è quello del vivere in pace. Con se stessi, con gli altri e con la terra che ci ospita. Messaggio da trasmettere a tutti, non solo alla comunità degli italiani che risiede in Grecia.
Inoltre essere fieri di ciò che abbiamo nel nostro Paese e che va condiviso con una cultura così ricca e antica come quella ellenica. Con la musica proviamo a fare questo: raccontare ciò che siamo ma ascoltare ciò che potremmo essere nella relazione con gli altri.

di Aris Kontogiannis,
per Comites – Grecia

Time in Jazz Festival
Athens Jazz 2024



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