L’Italia punta sul Turismo delle radici, piano da 20 milioni
Alla Farnesina l'evento di presentazione con Tajani e Santanché. Il ministro degli esteri: 'Può triplicare le presenze'
Cinque ministeri e 600 comuni uniti in un progetto del valore di 20 milioni di euro che vuole rilanciare il turismo in Italia, valorizzando i piccoli borghi ai quali gli italiani all’estero di seconda, terza e quarta generazione potranno fare ritorno per riscoprire le loro radici e la loro cultura.
E diventando ‘ambasciatori’ nei Paesi in cui vivono per convincere gli stranieri a visitare l’Italia. Questo il senso del progetto inserito nel Pnrr ‘Turismo delle radici: una strategia integrata per la ripresa del settore del turismo nell’Italia post Covid-19’ presentato alla Farnesina dai ministri degli Esteri Antonio Tajani, del Turismo Daniela Santanchè, dell’Istruzione Giuseppe Valditara e dell’Università Anna Maria Bernini, insieme al sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi. “Puntiamo alla crescita del turismo nel nostro Paese non guardando soltanto alle grandi città ma anche ai piccoli centri”, ha sottolineato Tajani aprendo la mattinata per illustrare il progetto che si rivolge ai “tanti italiani nel mondo” che vogliono scoprire dove vivevano i loro antenati. “Abbiamo una potenzialità enorme e potremmo raddoppiare e triplicare le presenze turistiche”, ha spiegato, sottolineando che “per portare a casa il miglior risultato possibile abbiamo bisogno di un gioco di squadra” con gli altri ministeri.
E il progetto “potrà funzionare se c’è una fattiva collaborazione” con i sindaci. Sono infatti i comuni sotto i 5.000 abitanti i principali destinatari del progetto che vede un valore di complessivo di 20 milioni di euro per iniziative che puntano a valorizzare piccoli borghi e zone rurali, con la ristrutturazione e il recupero di abitazioni e infrastrutture in disuso e favorendo i fornitori di servizi e prodotti locali. Il turismo delle radici “è uno snodo cruciale” per il settore, perché “si rivolge a un bacino di utenza stimato in circa 80 milioni di persone, tanti sono gli italiani di seconda e terza generazione che vivono all’estero”, ha spiegato Santanchè. “Prima della pandemia, siamo arrivati a contare oltre 10 milioni di turisti delle radici, poi sono diminuiti ma nonostante tutto, nel 2021 sono stati 6 milioni gli italiani all’estero tornati nella nostra nazione”, con una spesa “pari a 4,2 miliardi di euro”. Cifre che l’Italia vuole replicare e superare, anche facendo leva sul sistema educativo italiano, che può “sostenere fortemente” il turismo delle radici con le scuole e gli istituti tecnici e professionali, secondo il ministro Valditara. Anche l’università si muove già nella direzione di essere “canale di valorizzazione delle nostre radici”, ha evidenziato Bernini, ricordando il fenomeno come quello della fuga dei cervelli, che “non va drenata, ma implementata”.
Per il successo della strategia, servono poi le realtà associative, gli enti, le camere di commercio e tutti gli attori coinvolti. “Ed è importante includere le imprese”, ha evidenziato il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli. L’opportunità è infatti evidente: nel 2023 potrebbero essere superati i livelli pre-pandemia del settore turistico italiano, secondo Ivana Jelinic, ad dell’Enit. L’evento odierno è stato “un rilancio e una sintesi importante” di un processo iniziato da tempo. Ora “rimbocchiamoci le maniche. Partiamo con le iniziative già nel 2023 e in modo da sfociare nel 2024 nell’anno sul turismo delle radici”, ha detto il direttore generale per gli Italiani all’estero Luigi Maria Vignali, chiudendo la mattinata. I sindaci ci sono e ci credono. Come Vincenzo Nunno, che amministra Bovino, piccolo borgo nel foggiano. “Vogliamo essere attrattivi per i più giovani”, che “devono venire scoprire cosa facevano i nonni, i padri, il cibo e i profumi” di una volta.