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Felicità e modelli di vita. Siete pentiti di avere avuto figli ?

Secondo un sondaggio di YouGov (in 5 Paesi), sono gli italiani i più convinti di avere bambini. Ma è perché il tabù è più forte? I genitori sono mediamente meno soddisfatti della propria vita rispetto alle coppie no-kids ma l’effetto tende a scomparire quando si correggono i dati tenendo conto dei fattori economici.Questo doppio articolo, pubblicato su «7» in edicola il 2 settembre, fa parte della serie inaugurata con il dibattito sull’editing genetico (qui l’articolo) dal magazine del Corriere: «Due punti». Intesi come due punti di vista che qui troverete pubblicati online in sequenza: prima l’articolo di Anna Meldolesi, poi quello di Chiara Lalli. Buona lettura

di ANNA MELDOLESI

I genitori sono mediamente meno soddisfatti della propria vita rispetto alle coppie no-kids ma l’effetto tende a scomparire quando si correggono i dati tenendo conto dei fattori economici. Il mito della maternità come realizzazione femminile resiste, eppure ci sono donne che potendo tornare indietro non lo rifarebbero (soprattutto in Spagna). Non c’è dubbio che mettere al mondo un essere umano ti cambi la vita. Resta da capire se in meglio o in peggio. Le preoccupazioni e le rinunce sono compensate dalla gioia di vedere un figlio crescere? Negli ultimi vent’anni diversi studi hanno rilevato che in generale i genitori sono meno felici dei non-genitori. Ma, come spesso accade, la miglior risposta alla nostra domanda è: dipende.

BIO-ETICA DOMANDE &RISPOSTE – OGNI DUE SETTIMANE CHIARA LALLI E ANNA MELDOLESI SCRIVERANNO DI UN ARGOMENTO TRA FILOSOFIA MORALE E SCIENZA, TRA DIRITTI E RICERCA. DUE PUNTI DI VISTA DIVERSI PER DISCIPLINA MA AFFINI PER METODO
Se si è in coppia, e con finanze stabili, è tutto più facile. Uno studio pubblicato l’anno scorso sul Journal of Population Economics ha analizzato i dati relativi a un milione di europei per indagare l’effetto della nascita dei figli sulla soddisfazione per la propria vita. La conclusione è stata che quando l’allargamento della famiglia non pesa troppo sulla capacità di pagare le bollette a fine mese, la correlazione negativa si inverte e i bambini tendono a rendere le coppie più felici.

« IL MITO DELLA MATERNITÀ COME REALIZZAZIONE FEMMINILE RESISTE, EPPURE CI SONO DONNE CHE POTENDO TORNARE INDIETRO NON LO RIFAREBBERO (SOPRATTUTTO IN SPAGNA)»
Cosa sia la felicità, a ben vedere, è una questione irrisolta. Può essere fare quello che ci pare senza essere schiacciati dalle responsabilità, vivere pienamente l’avventura della genitorialità, o cercare il miglior compromesso possibile tra le due cose e riuscire (qualche volta) a goderselo. Si sentono spesso storie di persone che rimpiangono di non aver avuto figli, ma esiste anche il fenomeno contrario, culturalmente più dirompente e fino a poco tempo fa impronunciabile. È il rammarico provato da chi i figli li ha fatti e li ama, ma non si vergogna di ammettere che se potesse tornare indietro non lo rifarebbe. Quanto è diffuso? Secondo un sondaggio pubblicato in agosto i genitori soddisfatti sono, per fortuna, la grande maggioranza. La formulazione secca del quesito e le modalità della rilevazione (circa 3.500 persone reclutate online da YouGov in ognuno dei 5 Paesi europei coperti) richiederebbero un supplemento di indagine.

La quota dei pentiti, comunque, varia dal massimo della Spagna (16%) al minimo dell’Italia (9%). Con questi pochi numeri è difficile sbrogliare l’intreccio di fattori culturali e strutturali che condizionano l’esperienza della genitorialità. L’idea che una donna debba essere madre, ad esempio, è più o meno radicata in nicchie sociali diverse. Mentre le difficoltà oggettive vissute dai neogenitori variano a seconda dell’organizzazione del lavoro e dei servizi per l’infanzia. Il nostro Paese non brilla in queste classifiche, tant’è che continua a spopolarsi e invecchiare. L’Italia “non è un paese per madri”, come recita il titolo del libro della demografa Alessandra Minello. Se fosse confermato che abbiamo meno genitori dichiaratamente pentiti, si potrebbe ipotizzare che in un contesto difficile come il nostro le persone indecise tendano a non procreare del tutto. O forse il tabù qui è più forte che altrove?

«SIAMO ANIMALI COMPLICATI. POSSIAMO ALLO STESSO TEMPO PENSARE CHE AVREMMO AVUTO UNA VITA MIGLIORE SENZA UN FIGLIO E AMARLO?»
di CHIARA LALLI

«Se dovessi rifare tutto di nuovo, forse non avrei figli». Ci si può pentire di aver avuto figli? E lo si può dire? È difficile ammetterlo perché implica un giudizio su una persona esistente. Se dico di essermi pentita di essere madre, sto dicendo che non amo quel figlio, che lo vorrei riconsegnare alla non esistenza. Ma è davvero così? Siamo animali complicati. Possiamo allo stesso tempo pensare che avremmo avuto una vita migliore senza un figlio e amarlo? Possiamo immaginare la nostra vita senza di lui e non volerci rinunciare (è un esperimento mentale e non una istigazione all’abbandono)? Se potessimo dirlo privatamente, se potessimo accedere ai pensieri degli altri?

I controfattuali sono sempre seducenti – quelli migliori della vita che abbiamo, ovviamente. Ma sono quelli cui pensiamo, molto meno riflettiamo sulle alternative come “se fossimo morti la settimana scorsa”. Cioè non è garantito che la nostra vita sarebbe più felice, ma è verosimile che non avremmo tra i piedi tutte le conseguenze dell’esserci riprodotti. Quindi, pensateci. Immaginate la vostra vita senza il sonno disturbato e interrotto continuamente da necessità altrui, senza gli incontri con i professori, senza le chat di classe e le feste della scuola, senza i casini dell’adolescenza, il motorino, il fidanzato, oddio il rischio delle gravidanze e delle malattie sessualmente trasmissibili. E visto che i padri sono sempre più le nuove madri, il possibile pentimento riguarda tutti ( forse la maternità è ancora appesantita da aspettative e da disparità oggettive, ma possiamo sempre più parlare di genitorialità).

Ovviamente era improbabile pentirsi di essere diventati padri se tutto quello che dovevi fare era una passeggiata il sabato pomeriggio. Cambia tutto se diventa una occupazione a tempo pieno . Spesso noiosa e ripetitiva. È anche ovvio che il peso dipende molto dalla vita che possiamo permetterci. Le tantissime storie postate nel gruppo Facebook “I regret having children” raccontano bene l’ambivalenza dell’avere dei figli. L’inganno e l’autoinganno di pensare ai figli come “la cosa più bella del mondo”, la perdita della libertà e dell’autonomia. Che poi non è solo l’impegno materiale, ma il legame indissolubile e sempre più prossimo alla eternità. Con l’adolescenza che si allunga fino ai 40 anni, la crisi economica e la disoccupazione, fai un figlio e quello ti rimane in casa per sempre. Come in quella adorabile commedia francese che era Tanguy. “Se dovessi rifare tutto di nuovo, forse non avrei figli. Gli attori non sono bravi genitori” È quello che dice Joanne Woodward in The last movie stars, il documentario di Ethan Hawke su di lei e sul marito Paul Newman.

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